La foresta incantata

San Romualdo era un benedettino, apparteneva cioè all’ordine monastico fondato nel 534 da San Benedetto da Norcia con una regola essenziale: “ora et labora”, prega e lavora. Il monaco, in altre parole, non era chiamato soltanto a pregare Dio, ma anche ad onorarlo con il lavoro: da quello intellettuale (lo studiare) a quello manuale (il costruire, il coltivare). L’epoca in cui visse Benedetto era di grande confusione e povertà: l’Impero Romano non esisteva più, la sua economia era crollata e stavano scomparendo la sua cultura, le tante conquiste tecniche e scientifiche: chi poteva coltivava la terra ricavandone appena quello che gli bastava a vivere, dovendone dare la maggior parte ai nuovi padroni, barbari che nulla sapevano delle nostre terre, se non che le avevano conquistate. Strade, ponti e acquedotti erano abbandonati, la legge era quella del più forte, le scuole non funzionavano, rari erano i libri e non c’erano più biblioteche (e questo ti piacerà di sicuro, ma capisci da te che gli svantaggi prevalevano sui vantaggi: sai bene che dallo studio viene il progresso, e quindi tutte le comodità di oggi, che non apprezzi finché non ne provi la mancanza).
I monaci benedettini ripresero a coltivare terre ormai abbandonate, conservarono la scienza tramandandola nelle loro scuole con libri da loro trascritti a mano grazie agli amanuensi: devi pensare che per avere libri a stampa occorrerà aspettare 1000 anni, e 1500 per avere le fotocopie! Il pensiero di uno scienziato, allora, poteva esser divulgato solo copiando tante e tante volte il libro che lui aveva scritto in un’unica copia, un po’ come i tuoi appunti sul quaderno di scuola (ma per comprendere appieno il valore nei libri e delle biblioteche nel medioevo potresti vedere, in classe o con i tuoi genitori un bel film: “Il nome della Rosa”)

    

Hai qui due immagini di amanuensi benedettini: uno copia fedelmente un manoscritto, l’altro, circondato da libri, traccia le linee per andar dritto con la scrittura. Perché saranno vestiti così pesantemente? (ricordati quanto abbiamo detto sopra sulle “comodità” moderne).

A Camaldoli i monaci si dedicarono alla coltivazione della foresta. Si, perché una foresta si può coltivare, anche se ci vogliono decenni e secoli per vederne i frutti: si selezionano le piante migliori, si curano, si mettono in condizione di crescere sempre meglio e, quando è giunta la loro “maturazione”, si tagliano avendo avuto cura di piantarne altre negli anni precedenti, per aver poi altre piante da utilizzare negli anni successivi, senza “pelare” la montagna. Cosa voglio dire? Se ti è capitato di passare dalle parti di Fabriano o di Genova lo puoi capire osservando il paesaggio: a Fabriano, fin dal medioevo, si produce carta di ottima qualità, e probabilmente anche il tuo album da disegno è di carta Fabriano. Come sai, la carta è tratta dalla lavorazione del legno, e il legno viene dal bosco, dalla foresta: a Fabriano, per tutto il medioevo, hanno tagliato boschi e foreste intorno, senza ripiantarli, così che oggi il paesaggio da quelle parti è poverissimo di alberi. Genova era nel medioevo una Repubblica Marinara, aveva una grande flotta e, per farla, aveva progressivamente tagliato tutte le foreste intorno, senza ripiantarle: e così oggi il paesaggio è piuttosto “pelato”.
Nella preziosa biblioteca del Monastero di Camaldoli sono conservati gli antichi documenti che regolavano: 1) il rinnovamento del bosco, con l’allevamento di nuove piante in vivaio o il prelievo di pianticelle nel bosco; 2) lo scavo di laghetti artificiali per i vivai; 3) la destinazione dei vari tratti di foresta (coltivata e selvatica); 4) le puliture del sottobosco e i trattamenti fitosanitari*; 5) la marchiatura a martello degli abeti da abbattere o conservare (il taglialegna non aveva la competenza del monaco, che indicava cosa tagliare); 5) i tipi di taglio; 6) le punizioni per i trasgressori. In media si piantavano ogni anno 5-10000 nuove pianticelle, e alla fine del ‘700 il solo monastero era abitato da 300 persone.
Ma a cosa serviva questo legname, e a chi? Domanderai.
Il legname d’alto fusto, cioè i tronchi lunghi e dritti quali quelli di Camaldoli, erano ricercatissimi nell’edilizia fino all’avvento del cemento armato, nella cantieristica navale fino all’avvento degli scafi in ferro.
Avere lunghe travi significava poter costruire alte gru, robuste intelaiature, grandi capriate per sostenere i tetti di castelli, palazzi e cattedrali. Avere lunghi tronchi significava costruire navi dalle lunghe carene, con alti alberi maestri, con possenti velature.

Qui sopra puoi vedere l’attuale bibliotecario di Camaldoli: come vedi nella è cambiato nell’abbigliamento dei monaci!

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