La natura e l’uomo‏

Nel nostro Casentino viviamo immersi nella natura: i boschi crescono senza la preoccupazione di vedersi attraversare da autostrade e ferrovie, gli animali selvatici vivono tranquilli sapendo che, anche se l’uomo li avvista, possono rifugiarsi velocemente nel folto della vegetazione. Eppure tutto ciò che vedi non è un ambiente del tutto naturale, come puoi incontrare solo in terre fuori d’Europa. Nel vecchio continente l’uomo ha continuamente interagito con la natura, assecondandola ai suoi bisogni. Talvolta il suo intervento è stato pesante ed egoista, ed ha provocato disastri: fatti raccontare dai nonni la tragedia del Vajont.

La foresta incantata

In Casentino, da millenni ormai, l’uomo e la natura hanno saputo trovare un equilibrio: noi abbiamo sicuramente tratto vantaggio da questo, e forse neanche il mondo “selvatico” ci ha rimesso: sono nati infatti luoghi e paesaggi dove la fauna e la flora raggiungono il loro fulgore, incantati di tale magia che i nostri antenati li hanno fatti abitare da fate e da gnomi, come puoi leggere nelle “Novelle della Nonna”, di Emma Perodi: una lettura per ogni età (e quindi anche per te, pigrone!). Forse di questa armonia, vedendola e vivendola tutti i giorni, non ti sei mai accorto veramente, ma avrai certamente notato come, per lunghi periodi dell’anno, molte zone della nostra terra siano quasi prese d’assalto da tanti turisti: cercano di vivere un momento quello che tu puoi vivere ogni giorno.
Uno dei luoghi incantati della nostra terra è la foresta di Camaldoli: una foresta addomesticata da monaci ed eremiti, luogo di tante storie e leggende oggi quasi dimenticate, ma rimaste nei toponimi* “parlanti”: Fosso del Diavolo, Prato della Duchessa, Fonte del Re, Buca delle Fate, Abetina della Regina e tanti altri che potrai trovare nelle carte e nella memoria dei più anziani.

    

L’incanto è però vivo ancor oggi se cammini in queste magia verde di faggi o tra questi abeti fitti, dritti, altissimi, com’è impossibile trovare altrove.
Un tempo non lontano tutto questo non era soltanto una risorsa naturale, un tempio di quiete e d’aria pura dove le colonne sono gli alberi e il tetto è il cielo.
Tutto questo era anche una enorme ricchezza economica, come oggi un giacimento di petrolio, ma rispetto a esso ben più pulito e soprattutto inesauribile, perché rinnovabile.

Abeti, sul crinale del Casentino, nascono spontaneamente, ma quasi 1000 anni fa, nel 1012, Romualdo, figlio di un nobile signore di Ravenna, fattosi monaco, decise di fondare in questi luoghi allora deserti e inospitali un eremo, un luogo cioè dove lui e i suoi compagni potessero ritirarsi dal mondo in preghiera. Un po’ per i suoi nobili natali, un po’ perché Romualdo era conosciuto per aver già fondato altri monasteri, il proprietario di queste foreste selvagge, il conte Maldolo, gli donò la terra ove, in una radura, sorgerà l’eremo: Campus Maldoli, il campo di Maldolo appunto, divenuto poi Camaldoli.

Pagina seguente ------>